Esami diagnostici
Esami di laboratorio
Le malattie della tiroide sono di frequente riscontro nella pratica clinica: con un semplice prelievo di sangue è possibile rilevare anche precocemente (diagnosi e /o prevenzione) eventuali patologie tiroidee. Il dosaggio degli ormoni specifici risulta essere uno tra gli indicatori più sensibili negli stadi di ipotiroidismo o di ipertiroidismo, anche in quadri clinici di modesta entità.
Quali sono gli esami clinico- diagnostici più frequentemente valutati:
- TSH (ormone tireostimolante)
- FT3 (triiodotironina libera), FT4 (tiroxina libera)
- TG (tireoglobulina)
- ANTITG (anticorpi antitireoglobulina)
- ANTITPO (anticorpi anti perossidasi tiroidea)
- TRABS (anticorpi anti recettore del TSH)
- VIT D3(25-OH)
- CT (calcitonina).
Ipotiroidismo, gli esami raccomandati
Gli esami raccomandati nei casi di ipotiroidismo, che si manifesta con sintomi quali astenia, sonnolenza, aumento ponderale, intolleranza al freddo, cute secca, sono TSH, FT4, FT3, e nel sospetto di una tiroidite di tipo autoimmunitario si aggiunge il dosaggio degli autoanticorpi antiTG, e antiTPO.
Neoplasie tiroidee ed esami
La TG (tireoglobulina) e la CT (calcitonina) sono talvolta degli utili indicatori delle neoplasie tiroidee come markers, rispettivamente, dei carcinomi differenziati della tiroide e dei tumori midollari (sia nelle forme sporadiche sia nelle forme familiari).
Iptertiroidismo, quali esami fare
Nel sospetto di un ipertiroidismo, che si manifesta in genere con sintomi caratterizzati da ipereccitabilità, nervosismo, riduzione del peso corporeo, cute calda e umida, incremento degli atti respiratori (tachipnea), aumento dei battiti cardiaci (tachicardia), aumento della pressione arteriosa, è opportuno eseguire oltre al dosaggio precedentemente descritto e raccomandato anche la ricerca degli autoanticorpi antiTG, antiTPO e anti TRABS.
Controllare la funzionalità paratiroidea
E’ importante valutare, oltre alla funzionalita’ tiroidea, anche quella paratiroidea, per controllare il metabolismo osseo con il dosaggio del PTH ( paratormone) e vitamina D3 ( 25-OH): questo dosaggio è utile anche per valutare le condizioni dello stato generale, poichè la vitamina D è implicata – oltre alla regolazione minerale di cartilagini e ossa – anche nel metabolismo di molti altri organi e apparati, quali ad esempio stomaco, cervello, reni, fegato e polmoni, e indirettamente del sistema immunitario.
Ecografia
L’ecografia è una metodica diagnostica che utilizza ultrasuoni per visualizzare organi e tessuti. Costituisce una delle tecniche di imaging principali per lo studio della ghiandola tiroidea.
La tiroide è, difatti, un organo superficiale e, pertanto, molto adatto ad essere studiato mediante ecografia poiché il fascio di ultrasuoni emesso dalla sonda ecografica non deve “attraversare” molti tessuti, che potrebbero alterare o attenuare il fascio stesso inficiando la corretta visualizzazione dell’organo. Questo elemento, unito al fatto che l’ecografia non implica l’esposizione del paziente a radiazioni ionizzanti, la rendono la metodica di prima linea nello studio morfologico della patologia tiroidea.
Ecografia: come si svolge e cosa analizza
Lo studio ecografico della tiroide si effettua con il paziente sdraiato in posizione supina sul lettino e a collo tipicamente iperesteso, per garantire una miglior visualizzazione dell’organo stesso.
Un corretto studio ecografico della tiroide deve contemplare la valutazione delle dimensioni dei lobi tiroidei, della morfologia della capsula tiroidea e i rapporti della ghiandola con le strutture ad essa più superficiali, quali i muscoli e lo strato cutaneo e sottocutaneo, nonché la sua localizzazione rispetto alle strutture anatomiche vicine. Si deve, poi, studiare l’omogeneità/disomogenità dell’ecostruttura, a seconda che il tessuto ghiandolare risulti rispettivamente più o meno compatto.
Ecografia e diagnosi dei noduli
Una disomogeneità parenchimale è indice di un’alterazione ghiandolare e può essere più o meno marcata, con possibile presenza di aree di maggiore disomogeneità costituenti quelli che in termini medici vengono definiti “pseudonoduli”.
Quando, invece, queste aree di difformità tissutale sono ben circoscritte e ben delimitabili dal restante parenchima, si parla di noduli tiroidei veri e propri. I noduli possono essere individuati e ben studiati tramite l’ecografia, che permette di valutarne la localizzazione, le dimensioni e la forma (più o meno “allungata”).
L’ecografia permette anche di differenziare i noduli in base alla loro ecostruttura, che può essere solida (omogenea o disomogenea), liquida, mista (“complessa”) con maggiore componente solida o liquida oppure mista con aggetto solido parietale. A sua volta una formazione solida può essere distinta in ipoecogena, isoecogena ed iperecogena, a seconda di come “trasmette” i fasci ultrasonori. Dei noduli tiroidei vanno anche valutati i margini, che possono essere bene distinguibili per la presenza di un orletto periferico completo od incompleto, possono essere regolari od irregolari.
L’ecografia permette, inoltre, di evidenziare l’eventuale presenza di calcificazioni intranodulari o parenchimali, che vanno descritte in base alla loro morfologia.
Tramite l’utilizzo del Color-Doppler, infine, è possibile studiare la vascolarizzazione sia delle formazioni nodulari (distinta in assente, solo periferica oppure periferica ed intralesionale), sia del parenchima stesso, che può risultare incrementata in corso di patologie flogistiche della tiroide.
Ecografia e noduli sospetti
Qualora il nodulo risulti avere delle caratteristiche ecografiche di “sospetto”, sotto specifica indicazione specialistica, per un suo corretto inquadramento e, in definitiva, per differenziare i noduli maligni da quelli benigni, si può procedere all’aspirazione con ago sottile (FNA, Fine Needle Aspiration) del tessuto nodulare, con studio citologico del materiale agoaspirato.
L’FNA è un metodo molto accurato; è una procedura minimamente invasiva con basso rischio di complicanze e di facile effettuazione, con costi assai contenuti. Dopo avere effettuato una accurata disinfezione della cute e identificato ecograficamente il nodulo, si stabilisce il punto di accesso dell’ago sulla cute all’interno della formazione nodulare prescelta; una volta correttamente posizionato l’ago, si esegue una aspirazione ripetuta. Il materiale così prelevato viene allestito su vetrino ed inviato allo specialista Anatomo Patologo per lo studio citologico.
Agoaspirato
La biopsia con ago sottile (FNAB) è uno strumento diagnostico di primaria importanza nell’inquadramento del nodulo tiroideo. Si tratta di un esame sostanzialmente privo di complicanze (es. rari ematomi), relativamente economico e di facile esecuzione. L’esame citologico permette di classificare le lesioni nodulari in accordo alle prossime linee-guida Italiane della Associazione Italiana della Tiroide (AIT) e della Società Italiana di Anatomia Patologica (SIAPEC) presentate al Congresso AIT di dicembre 2012 (1) (tabella 1).
Tabella 1
Classificazione della citologia tiroidea AIT–SIAPEC (presentata al Congresso AIT di Dicembre 2012) |
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Tir 1 | Non diagnostico |
Tir 1c | Non diagnostico, cistico |
Tir 2 | Non neoplastico |
Tir 3A | Proliferazione follicolare a basso rischio |
Tir 3B | Proliferazione follicolare ad alto rischio |
Tir 4 | Sospetto per malignità |
Tir 5 | Maligno |
La nuova Consensus Italiana, ancora in corso di stesura, si armonizza con le principali classificazioni citologiche Internazionali (Bethesda System e British Thyroid Association) attraverso una sotto-classificazione dei campioni inadeguati (Tir 1), e di quelli indeterminati (Tir 3) in “alto rischio” e “basso rischio” (2-4).
La classe non diagnostica (Tir 1) e quella di indeterminatezza/proliferazione follicolare (Tir 3) rappresentano il principale limite del FNAB. In particolare, i reperti Tir 3 non consentono di discriminare, nell’ambito dei noduli follicolari, le neoplasie maligne dalle formazioni benigne (quest’ultime in assoluto più frequenti, circa l’80% dei Tir 3). Infatti, la malignità di un nodulo Tir 3 è definita esclusivamente dal riscontro istologico di invasione a tutto spessore capsulare e/o vascolare, caratteristiche che la citologia non permette di valutare. Pertanto, sebbene solo il 20% circa dei noduli Tir 3 sia maligno all’esame istologico, tutte le principali linee-guida Internazionali raccomandano l’intervento chirurgico in presenza di un nodulo con tale citologia.
Di recente, TJ Sebo ha presentato l’esperienza della Mayo’s Thyroid Clinic (5). Su 1000 pazienti sottoposti a FNAB il valore predittivo negativo (VPN, probabilità di un esito citologico negativo di essere realmente negativo) è risultato pari a 99%, con valore predittivo positivo (VPP, probabilità di un esito citologico positivo di essere realmente positivo) del 55%. Poiché il VPP relativo alla sola categoria Tir 3 appare marcatamente ridotto (18%), ne deriva che all’aumentare del numero dei casi classificati come Tir 3, il VPP del FNAB si riduce. La percentuale di Tir 3 nei diversi lavori scientifici è ancora elevata (tra il 20 e il 30%), e Sebo suggerisce una maggiore integrazione dei dati clinici ed ecografici con quelli citologici, e una valutazione del campione da parte di più citologi, al fine di ridurre il numero di questi casi. Sebo aggiunge inoltre che le lesioni proliferative follicolari che si rivelano adenomi all’esame istologico, possono essere poste nella categoria “nodulo tiroideo benigno”. Nella sua esperienza, Sebo valuta la sola tecnica di base del FNAB, con indicazione a restringere l’uso di tecniche ancillari a un numero estremamente ristretto di casi.
I test molecolari (Galectina-3, HBME-1, CK19, Ki67, p27) possono consentire di gestire in modo più accurato i pazienti con esito citologico di difficile interpretazione (es. Tir 3). Con l’integrazione di queste tecniche, infatti, i falsi positivi e i falsi negativi del FNAB potrebbero ridursi all’1%, e le lesioni classificate come indeterminate potrebbero effettivamente non superare il 10% della casistica citologica. La recente identificazione di numerose modificazioni geniche proprie delle neoplasie tiroidee ha in parte chiarito le basi molecolari dell’oncogenesi dei tumori follicolari tiroidei. Sono stati valutati come supporto diagnostico nel cancro alla tiroide molti potenziali biomarcatori genetici (es. BRAF, RET/PTC, RAS, PAX8/PPARγ). Purtroppo, la loro applicabilità alla citologia appare difficile e i risultati mostrano una buona specificità e una scarsa sensibilità (spesso le mutazioni sono identificabili in non più del 50% delle neoplasie). I dati della letteratura, ad esempio, indicano come estremamente utile il ruolo diagnostico e soprattutto prognostico dell’oncogene BRAF, in quanto associato al solo carcinoma papillifero con una specificità del 100%. Tale marcatore ha però un minore impatto nell’ambito dei noduli Tir 3, in quanto è in grado di identificare solo il carcinoma papillifero classico che rappresenta una percentuale molto bassa delle malignità con citologia Tir 3.
La letteratura scientifica più recente suggerisce la riduzione degli interventi tiroidei non necessari, e in questo contesto Sebo (5) mette in rilievo come il FNAB debba essere considerato il principale esame: “If you remember only one thing from this review, remember this: the purpose of the TFNAB is to reduce the “risk” of surgery”. Tuttavia, l’autore sottolinea come per migliorare l’accuratezza del FNAB sia basilare restringere il numero di casi dubbi, rinforzando il lavoro di equipe e applicando stringenti criteri morfologici all’esame citologico, mentre per i casi che rimangono citologicamente indeterminati siano necessari nuovi strumenti. In generale, i marcatori molecolari potrebbero fornire informazioni più accurate dell’esame citologico convenzionale. Per una migliore definizione di noduli classificati citologicamente come indeterminati (Tir 3) e destinati a intervento chirurgico per verifica istologica dovrebbe essere utilizzato uno specifico pannello di marcatori su un campione cito/istologico bioptico (6,7).
La letteratura internazionale riporta come promettenti risultati siano stati ottenuti dalla core needle biopsy (CNB) (8,9), tecnica di campionamento con ago tranciante di calibro lievemente superiore a quello utilizzato per il FNAB tradizionale. Tale tecnica permette di ottenere un campione di micro-istologia che consente uno studio morfologico più accurato di quello citologico e una più facile applicazione dei marcatori molecolari. L’esame micro-istologico consente, infatti, di valutare l’architettura della lesione e i rapporti con il parenchima tiroideo circostante, e fornisce materiale in paraffina per eventuali test immuno-istochimici o molecolari. Tale approccio permette dunque di evitare la chirurgia in caso di lesioni benigne. La CNB verrà suggerita nella prossima classificazione della citologia tiroidea (tabella 1) come esame di secondo livello per noduli solidi con citologia indeterminata (Tir 3) e soprattutto in quelli ripetutamente inadeguati (Tir 1).
Bibliografia
- Classificazione AIT-SIAPEC 2013. In corso di stesura.
- Baloch ZW, Cibas ES, Clark DP, et al. The National Cancer Institute Thyroid fine needle aspiration state of the science conference: a summation. Cytojournal 2008, 5: 6.
- Lobo C, McQueen A, Beale T, Kocjan G. The UK Royal College of Pathologists thyroid fine-needle aspiration diagnostic classification is a robust tool for the clinical management of abnormal thyroid nodules. Acta Cytol 2011, 55: 499-506.
- Bongiovanni M, Spitale A, Faquin WC, et al. The Bethesda System for reporting thyroid cytopathology: a meta- analysis. Acta Cytol 2012, 56: 333-9.
- Sebo TJ. What are the keys to successful thyroid FNA interpretation? Clin Endocrinol 2012, 77: 13–7.
- Kim MI, Alexander EK. Diagnostic use of molecular markers in the evaluation of thyroid nodules. Endocr Pract 2012, 18: 796-802.
- Yip L, Farris C, Kabaker AS, et al. Cost impact of molecular testing for indeterminate thyroid nodule fine-needle aspiration biopsies. J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 1905-12.
- Nasrollah N, Trimboli P, Guidobaldi L, et al. Thin core biopsy should help to discriminate thyroid nodules cytologically classified as indeterminate. A new sampling technique. Endocrine, in press (DOI 10.1007/s12020- 012-9811-z).
- Park KT, Ahn SH, Mo JH, et al. Role of core needle biopsy and ultrasonographic finding in management of indeterminate thyroid nodules. Head Neck 2011, 33: 160-5.
Diagnostica medico nucleare
La tiroide può essere studiata anche tramite metodiche di medicina nucleare che permettono di indagarne l’aspetto funzionale, oltre a quello morfologico. Tramite la somministrazione di specifici radiofarmaci si possono ottenere, infatti, informazioni sia sul loro accumulo e dismissione da parte della ghiandola tiroidea (curva di captazione tiroidea), sia sulla loro distribuzione nel contesto del tessuto ghiandolare (scintigrafia tiroidea).
I radiofarmaci utilizzati a tale scopo sono sia gli isotopi radioattivi dello iodio (elemento fisiologicamente utilizzato dalla tiroide per produrre i suoi ormoni), sia il 99mTC-pertecnetato, che si comporta come un analogo dello iodio entrando nei tireociti (le cellule tiroidee che producono gli ormoni tiroidei), pur non essendo successivamente organificato negli ormoni tiroidei.
Attualmente, per la scintigrafia tiroidea il 99mTC-pertecnetato è il radiofarmaco più largamente utilizzato, essendo più semplice il suo impiego nella pratica clinica. L’utilità della scintigrafia tiroidea risiede nel fatto che una modificazione del quadro morfologico della tiroide (ad esempio la presenza di noduli o di un gozzo) e/o una sua alterazione funzionale (ad esempio un processo tiroiditico) determinano una conseguente alterazione della distribuzione del radiofarmaco nel contesto della ghiandola ed un relativo specifico quadro scintigrafico.
Per la curva di captazione tiroidea, invece, si utilizza di norma lo Iodio-131 (131I), di cui si misura la percentuale che si concentra nella tiroide nel tempo; una sua aumentata, ridotta e/o alterata captazione, infatti, rivela uno specifico processo patologico sottostante.
Altro ambito di utilizzo dello Iodio-131 (131I) è quello della terapia radio-metabolica dei tumori differenziati della tiroide (a seguito della terapia chirurgica ed in base alla specifica tipologia istologica e alla “stadiazione” del paziente) e degli ipertiroidismi (come metodica in affiancamento/alternativa alla terapia medica e chirurgica). In corso di follow-up dei pazienti con tumori della tiroide, infine, può essere somministrata una “piccola” attività di 131I per effettuare una scintigrafia total body allo scopo di evidenziare la persistenza o la recidiva di “focolai” tumorali.
Malattie della tiroide e PET
Per quanto riguarda la diagnostica PET delle malattie della tiroide, l’utilizzo dello Iodio-124 (124I), che si comporta biochimicamente in maniera similare a tutti gli altri isotopi dello iodio, permette di unire la specificità di questo radiofarmaco per la tiroide, alla maggiore accuratezza diagnostica dell’imaging PET. Tuttavia, per gli alti costi e alcune difficoltà gestionali nel suo impiego, l’utilizzo della PET/TC con 124I non è tecnica largamente diffusa nella pratica clinica.
Altro radiofarmaco PET molto utilizzato in ambito oncologico, invece, è il 18F-FDG (flurodesossiglucosio). La PET con 18F-FDG (flurodesossiglucosio) non è attualmente metodica d’elezione per lo studio delle malattie della tiroide; è frequente, tuttavia, il riscontro occasionale di “iperfissazioni” di FDG a carico della ghiandola tiroidea in corso di esami PET- FDG effettuati per altra causa. Altro ambito di utilizzo sempre più attuale della PET con 18F-FDG è, inoltre, quello dello studio dei tumori tiroidei, in affiancamento alle metodiche radiologiche e di medicina nucleare tradizionale.